Serve alla sua clientela la birra Augustiner dell’Ocktoberfest di Monaco di Baviera, per prima nella provincia di Brescia. L’evento si è tenuto celebrando, in concomitanza, i trent’anni di gestione del locale storico certificato da Regione Lombardia presso “Antica Birreria Wührer”, a Brescia, da parte della Società 5 Stelle.
“Nome che non ha niente a che vedere con il partito”, continua a ripetere a tutti il gestore, Leo Ruocco.
“Loro hanno usato il nome dopo di noi”, tanto per separare imprenditoria da politica.

Evidentemente soddisfatto, Ruocco, perché è intorno alla sua persona che l’Antica Birreria ha avuto il successo che vanta. La sua famiglia detiene gran parte del pacchetto aziendale, diviso con i soci della famiglia Sai che mai sfuggono alla citazione. Così come vengono sempre ricordati coloro che non ci sono più: il socio Michelangelo Sai, mancato nel 2011, i collaboratori come Tonsi, Salvatore e Michela, ad esempio. Una famiglia.
“In trent’anni, sono passati per l’Antica Birreria Wührer circa tremila dipendenti: alcuni sono diventati imprenditori a loro volta, aprendo locali grazie all’esperienza accumulata presso di noi”.
Qual è il segreto per mantenere la gestione di un locale da oltre milleduecento posti per un trentennio, chiedo a Ruocco.
“Il segreto è non dare mai nulla per scontato. La clientela va seguita con rispetto e attenzione, senza fare mancare le novità nel menù e nella cornice del locale. L’Antica Birreria è un gioiello storico che appartiene a tutti i bresciani e cerco di mantenerlo come meglio merita: dalla cura del dipinto murale di Oscar Di Prata (l’unico di grandi dimensioni dell’artista non in un luogo sacro, n.d.A.), al bancone di mescita con formelle fatte a mano, alla “Sala Musica” che abbiamo appena riadibito a luogo conviviale, dopo un periodo in cui è stata una sala gioco autorizzata. L’attenzione per il particolare è tutto: i dipinti di Claudio Gottardi che riproducono vecchie fotografie, pubblicità o carte da lettera; piuttosto che i tendaggi voluti su disegno originale di quando la Birreria è nata. Le vetrinette sparse per il locale raccolgono oggetti originali della Birreria, ma anche del birrificio che una volta era attiguo: il birrificio Wührer, ora smantellato, che è stato la prima fabbrica industriale di birra in Italia. Questo locale, che gestisco per la Società in prima persona, con la mia famiglia, era stato voluto come locale di mescita, poi ristorante, da Pietro Wührer; poi ristrutturato, lo abbiamo rilevato come Società nel 1989 in condizioni deteriorate. Pian piano lo abbiamo tramutato in ciò che è oggi. La “Sala Michelangelo”, birreria-ristorante-pizzeria al pianterreno, attigua alla birreria e all’angolo dedicato alle birre belghe; la “Sala Augustiner”, ristorante-pizzeria al piano superiore, con terrazze all’aperto per l’estate; il pub “Five Stars”, il primo pub italiano interamente fabbricato in Irlanda; il giardino, un vero Biergarten, per l’estate”. Poco più di milleduecento posti.

La clientela si accorge di tutto questo lavoro che le dedicate?
“Penso di no. È difficile che un cliente si soffermi su un particolare, ma allo stesso tempo si abitua ad averlo intorno. Quando un cliente si sente a casa all’Antica Birreria, vuol dire che si accorge della differenza di ciò che offriamo, in un dilagare di birrerie di grandi dimensioni”.
È difficile gestire un locale così grande?
“La difficoltà sta proprio nella clientela. Oggi il cliente gira per il locale come un avvoltoio, oppure proprio come a casa sua, pensando di comportarsi come se fosse il padrone. Allora si lamenta se la cameriera ritarda di un minuto a portare il menù, ma non vuole che venga ripresa; afferma di attendere da ore per ordinare, ma quando si va al tavolo a prendere l’ordine non è mai disponibile perché deve rispondere ai messaggi sul telefono cellulare. Quando ha ordinato, pretende di essere servito subito: chiama perché la cameriera non lo serve e io, scusandomi, vado a controllare il palmare per vedere da quanto sta aspettando, in modo da verificare se davvero la cameriera ha sbagliato, oppure se c’è un problema in cucina. In realtà, poi, scopro (e succede sempre con chi si lamenta) che l’ordine è partito da cinque-dieci minuti, e le pietanze stanno arrivando al tavolo. Se vado dal cliente a farlo notare, si offende. Ma non pensa all’offesa che fa lamentandosi alla mia collaboratrice, o al mio collaboratore, che viene richiamata per l’inadempienza, avendo il cliente reclamante chiesto espressamente di me. I problemi non ci sono sempre, per fortuna”.
Quando accade che il cliente si lamenti?
“Il problema più grande lo verifico in agosto, quando arrivano clienti solitamente abituati ad altre pizzerie o ad altri ristoranti. Forse non si rendono conto che da noi non ci sono alcune decine di posti a sedere… Altro problema sono i quattro punti dai quali proviene il cibo: a locale pieno, le comande vanno in ordine di arrivo e se un tavolo ordina da pizzeria, birreria e ristorante, può capitare che i commensali non siano serviti tutti insieme. È impossibile servire tutti contemporaneamente, mentre può riuscire se il locale ha poche persone sedute. Del resto i nostri clienti abituali lo sanno e non si lamentano se non per motivi davvero rilevanti, fortunatamente rari. Il personale viene adeguatamente addestrato e seguito finché non impara bene il metodo di lavoro, pertanto gli errori si cerca di ridurli al minimo”.
Il cliente è diventato più difficile?
“Il cliente non si rilassa mai. È sempre di corsa e pretenzioso: pensa di scaricare il proprio stress, invece che allontanarlo godendosi un angolo di pace come questo. Dovrebbe inoltre leggere il menù dov’è tutto spiegato”.
Eppure la ricetta funziona, se sono passati trent’anni…
“Grazie a Dio sì: le famiglie o i clienti in generale trovano davvero un angolo di quiete, perché la clientela è selezionata e, anche se chiudiamo tardi alla notte e se serviamo 35 tipi di birra alla spina, non abbiamo gente “casinista”, come si dice in gergo. Da noi è facile trovare ragazzini e anziani, giovanotti e coppie, famiglie e gruppi, senza che gli uni infastidiscano gli altri. È una soddisfazione”.
Menù tradizionale o innovativo, per il cliente di oggi?
“L’uno e l’altro. La certezza della tradizione e sempre qualcosa di nuovo. L’importante è che sia di alta qualità”.
E il cliente difficile o il giovane di oggi, sanno riconoscere la qualità?
“I clienti sono preparati. Si interessano, seguono corsi, oppure seguono i consigli che diamo; un po’ di danni li fanno le trasmissioni televisive non seguite da una reale conoscenza, quella dal vivo, ma di questo si lamentano tutti i colleghi”.

Cos’ha “Antica Birreria Wührer” che non hanno altri locali?
“Il Mai Baum, l’Albero di Maggio Augustiner più grande, la storia, i vestiti tipici tirolesi che indossano le cameriere, una mostra fotografica diventata permanente con fotografie concesse dall’Archivio della Fondazione Fiera di Milano, un piccolo Museo dei Distillati nella stube storica a ingresso riservato. Sono però solo alcuni esempi. Il resto bisogna vederlo di persona”.
Ha portato qualcosa della sua Ravello anche a Brescia?
“Ho portato me!” e concludiamo l’intervista con una spumeggiante risata!
Alessia Biasiolo