Nell’ambito di “Storie Bresciane”, presso il Teatro Sociale di Brescia, sabato 23 novembre scorso, il presidente e direttore generale de Il Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera, Giordano Bruno Guerri, ha raccontato Gabriele D’Annunzio, del quale è uno dei massimi esperti.
Un omaggio doveroso ad un bresciano d’adozione, come si può considerare D’Annunzio, celebrando nel contempo se stesso, sulle sponde bresciane del lago di Garda, in un anno particolare. Ricorre, infatti, il centenario dell’impresa di Fiume, gesta del nostro del quale si è molto parlato a seguito di fatti di cronaca.
In una mattinata uggiosa e poi carica di pioggia, il palcoscenico del Sociale di Brescia ha invece ascoltato le parole scritte dal Vate dalle letture di Graziano Piazza e di Monica Ceccardi e poi ha sentito un racconto biografico divertente e colto dalle parole di Guerri. Quasi esaurito il teatro, colmo di studenti, docenti, giornalisti e curiosi; un pubblico attento, com’è stato educato in anni di produzioni e di spettacoli da uno dei Teatri Stabili tra i migliori d’Italia.

Si è ascoltato di un D’Annunzio inedito, meno noto al pubblico che spesso ne parla superficialmente.
I brani tratti da “Lettera a Fontana” del 20 maggio 1879, da “Cento e cento e cento pagine del Libro segreto di Gabriele D’Annunzio tentato di morire” del 1935; da “Il Piacere” del 1889, o da “Il venturiero senza ventura” del 1924, ad esempio, ne hanno sottolineato la penna, il coraggio, il punto di vista. Il considerare che il genio più favorito è colui che assimila tutto senza tradire se stesso, oppure che fossero giunti i tempi in cui in Italia ricorrevano i momenti oscuri dell’arrivo dei barbari, a indicare non soltanto la situazione politica del tempo, quanto l’arrivo di tempi senza cultura, oscuri per questo.
Così si è scoperto o riscoperto, il Vate antesignano della promozione editoriale con un marketing di prim’ordine, anche costruito su misura per ottenere la massima attenzione del pubblico, ma anche colui che non si tirava indietro non tanto per essere soldato combattente con fucili, ma combattente con la forza delle idee, della volontà di promuovere una nuova democrazia, scardinando quella liberale troppo stretta e leziosa del tempo. Così D’Annunzio, arrivato a Fiume alla testa dei Legionari, era ancora quell’eroe ammirato dai nemici austriaci durante il primo conflitto mondiale: con l’impresa dimostrativa del volo su Vienna, seguita all’altrettanto impressionante beffa di Buccari, D’Annunzio era riuscito a fare scrivere dalle colonne dei giornali nemici “Dove sono i nostri D’Annunzio?”. E a Fiume scrisse la Carta del Carnaro, una delle più avveniristiche costituzioni.
Nel 1920 prevedeva il voto alle donne, che in Italia si sarebbe ottenuto soltanto nel 1946, ma anche il servizio militare aperto alle donne; prevedeva il divorzio e il multiculturalismo, predicando che la proprietà privata è sacra soltanto se giova al bene di tutti, codicillo inviso a molti che avrebbero rimandato al secondo dopoguerra la riforma agraria tanto attesa dagli italiani.
A sottolineare, dunque, che non si poteva tenere la terra inoperosa e incolta, se questo cozzava con le richieste della gente e con i bisogni della nazione. Dinanzi alla Società delle Nazioni quasi fallimentare, il Vate proponeva la Lega dei Popoli oppressi, quelli colonizzati e non liberi, dimostrando con la sua esistenza che tutto era possibile, se si aveva ben chiaro lo scopo per il quale agire. Lui che, ad esempio, aveva anticipato alcune delle più complesse operazioni di falsi, creando documenti atti ad aggirare il blocco navale intorno alla città di Fiume assediata, ma che aveva anche escogitato un sistema di spionaggio per conoscere anticipatamente gli articoli del Trattato di Rapallo.
Una conferenza interessante e divertente allo stesso tempo, grazie alla capacità dialettica e alla verve di Guerri, tanto che alla fine, se anche a qualcuno D’Annunzio ancora continua a non piacere o a non convincere, almeno qualche dubbio se l’è fatto venire.
Intanto, il palcoscenico è stato momento per Guerri per invitare tutti alla decima edizione del Premio del Vittoriale, previsto per sabato 30 novembre: il premio quest’anno verrà assegnato al regista Marco Bellocchio.

Nell’occasione sarà possibile sbirciare l’avanzamento dei lavori di completamento del Vittoriale: D’Annunzio pensava l’anfiteatro coperto di marmo rosa veronese, preziosissimo, ma i costi esorbitanti non avevano mai permesso tanto. Ora, grazie ad un’accorta politica di gestione del meraviglioso bene degli italiani, la Fondazione ha iniziato i lavori di copertura che varranno un bellissimo regalo di compleanno per il Vate, nel marzo prossimo, quando la copertura sarà finita e aperta a quegli Italiani ai quali D’Annunzio ha donato la sua ultima dimora. Perché diceva “Io ho quel che ho donato”, scritta di benvenuto che fa pensare molti, ma che è una verità, quando si ammira la bellezza del Vittoriale.

Alessia Biasiolo