Tarquinia in certo modo si identifica con Giovan Maria Vitelleschi, suo figlio illustre, ricordato dal bel Palazzo che fece costruire e sede del Museo Archeologico Nazionale della cittadina dal 1924. Cardinale condottiero, Giovan Maria, ha una storia leggendaria, fatta di intrighi e lotte per il potere, fino alla sua morte.

Dopo l’educazione militare, anche al servizio di papa Martino V, venne assoldato da papa Eugenio IV, in esilio a Firenze nel 1434, che gli affidò il comando delle truppe papali contro la fazione dei Colonna, rivoltosi contro il Papa dopo la morte del predecessore e causa della sua fuga da Roma. Vittorioso anche grazie ad azioni crudeli, comandò le truppe contro Renato d’Angiò che voleva impossessarsi del trono di Napoli. Vitelleschi venne ricompensato con numerosi riconoscimenti e proprietà, tra cui la signoria su Sansepolcro; quindi, fu di nuovo in battaglia contro i Colonna occupando Palestrina, che distrusse, e Zagarolo, nel 1437. Ancora nel 1439 cinse d’assedio Foligno che piegò. Caduto in disgrazia ad opera delle spie che intercettarono la sua corrispondenza con Niccolò Piccinino, ritenuta pericolosa per il Papa, venne da questi fatto arrestare e condurre a Castel Sant’Angelo, come raccontato da Machiavelli in “Istorie Fiorentine”, dove morì nel 1440. Le battaglie e le rivolte erano costellate anche da incendi, tra i quali quelli dei vigneti, perché l’uso era di fare “terra bruciata”, in modo che nulla potesse rimanere o essere creato per anni sui luoghi in cui qualcuno aveva osato opporsi al potere.
La zona oggi, come un tempo e anche al tempo degli Etruschi, è terra di vigneti prestigiosi e rinomati che vanno dall’Agro romano verso il litorale laziale della Maremma meridionale fino ai confini della Toscana.

La denominazione Tarquinia DOC comprende tre vitigni a bacca rossa (Cesanese comune, Montepulciano e Sangiovese) e quattro a bacca bianca (Malvasia bianca di Candia, Malvasia del Lazio, Trebbiano giallo e Trebbiano toscano) che producono Tarquinia bianco secco, Tarquinia bianco amabile e Tarquinia bianco frizzante; tra i rossi, sempre a denominazione iniziale Tarquinia, rosso secco, rosso novello, rosato, rosso amabile.
Gli abbinamenti consigliati sono con le pietanze locali: pasta cacio e pepe, all’amatriciana, alla carbonara; coda alla vaccinara, ossobuco alla romana, porchetta romana, trippa. Non deve mancare il carciofo che pare venne coltivato e diffuso in Italia dagli Etruschi, come testimoniato dalle immagini presenti in alcune loro tombe.

Il Carciofo Romanesco IGP viene coltivato soprattutto a Ladispoli e Cerveteri (e dintorni) nelle varietà precoce e tardiva. Detto anche mammola, il carciofo romanesco tipico è “alla romana”, cioè cotto a fuoco lento e condito con pangrattato, aglio, prezzemolo, pepe e olio; ma anche “alla giudia”, cioè tagliato a spirale e fritto in olio bollente per renderlo croccante, anche mangiato “da passeggio”. I carciofi “alla giudia” si abbinano bene anche ai vini di Cerveteri, ideali anche con pesce o Ricotta Romana DOP. Cerveteri annovera altri vini DOC, ottenuta nel 1974, prodotti con vitigni come Trebbiano toscano, romagnolo e giallo; Malvasia di Candia e del Lazio, Tocai, Verdicchio, Bellone e Bombino per i vini bianchi. Per i vini rossi, si utilizzano uve dei vitigni Sangiovese, Montepulciano, Cesanese comune, Canaiolo nero, Carignano e Barbera.
Dal punto di vista turistico, è stata creata la Strada del Vino e dei Prodotti Tipici delle Terre Etrusco Romane per promuovere gli alimenti locali, compresa la IGT Costa Etrusco Romana. Altri prodotti da conoscere, infatti, sono la carota di Maccarese, il broccoletto di Anguillara, il finocchio di Tarquinia. Nella zona viene allevato il Vitellone della Maremma e si produce il formaggio Caciofiore di Columella (colui che ne descrisse la tecnica produttiva nel I secolo d.C.), da consumare con il pane storico di Canale Monterano (presidio Slow Food) cotto al forno con bucce di nocciole e mandorle. Non devono mancare gli assaggi di pesci del lago di Bracciano e di Martignano, accanto al pesce di mare, come il fritto di paranza e la zuppa di pesce di Civitavecchia.
Alessia Biasiolo