Equo compenso per i giornalisti: un gioco dell’oca? No, non davvero.

Il Consiglio Direttivo della FNGPI ha deciso di aprire un dibattito  sull’equo compenso per i giornalisti, dopo la circolazione nel Consiglio Nazionale dell’Ordine di un foglio sull’argomento, che qui ancora per correttezza si riporta integralmente.

Nell’ottica di aprire  un dibattito sull’argomento prima della decisione si è già preso sommariamente  in considerazione su questo blog il probabile quadro normativo.

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Si è cercato di rispondere preliminarmente  a questa domanda.

Il  giudice chiamato a determinare l’equo compenso per l’attività giornalistica  secondo quella quantità e quella qualità del lavoro  previste dall’art. 36 della Costituzione, a chi od a che cosa dovrebbe  riferirsi oggi sulla base delle vigenti leggi?

E’ sembrato , come si è visto nel precedente blog, che il giudice dovesse riferirsi a quel decreto del ministero vigilante previsto dall’art. 9 del D.L. n.1 del 2012 ( trasformato nella legge n. 27 del 2012), che a tutt’oggi  non c’è per l’attività giornalistica non regolata da contratto di lavoro subordinato.

Sembra  importante che questo decreto ci sia al più presto ed aprire un dibattito al riguardo anche fra i pubblicisti, cioè coloro che non svolgono unicamente attività giornalistica.

Ma siamo nel 2019.  Sono passati sette anni dal 2012.  Perché non c’è il decreto? Una discussione non può prescindere dalla conoscenza di quello che è successo nel frattempo.

La legge 233 del 2012 ha istituito per tre anni  la Commissione Equo Canone per i giornalisti  perché indicasse i contenuti del decreto del Ministero vigilante al quale secondo il DL 1 del 2012 il giudice deve riferirsi per determinare l’equo compenso per l’attività giornalistica.

Questa Commissione ha approvato una proposta di equo compenso per l’attività giornalistica il  19/06/2014.

Ma quanto questa Commissione ha deliberato è stato impugnato ed è  stato parzialmente annullato da una sentenza del TAR del Lazio del 2015, e successivamente, pur con delle differenze, dal Consiglio di Stato.

La Commissione, che aveva durata triennale, è quindi  decaduta nel 2015, ma l’art. 4 della legge 198 del 26 ottobre  2016 ha prorogato l’esistenza  di questa Commissione  infatti ha stabilito che:

"Il comma 4 dell'articolo 2 della legge 31 dicembre 2012, n. 233,
e' sostituito dal seguente: 
  «4. La Commissione  dura  in  carica  fino  all'approvazione  della
delibera che definisce l'equo compenso e al  completamento  di  tutti
gli altri adempimenti previsti dal comma 3».

In questa sorta  di gioco dell’oca si torna da capo.

Ma da dove?

Non certo da un inciso dell’art. 2233 del Codice Civile. Forse dal D.L. n. 1/2012 ( meglio legge n.27/2012),   che ha  nel 2012 regolamentato tutte le professioni e dalla quale  la legge n.233/2012 ha tratto motivo di istituire la “Commissione equo compenso” per i giornalisti, oggi tutt’ora in essere, ma non operativa.

Il ruolo di questa commissione era stato quello di preparare una proposta che fosse alla base del decreto del ministero vigilante al quale i giudice secondo la legge 27 del 2012 dovrebbe riferirsi nel determinare l’equo compenso  con particolare attenzione dei giornalisti con lavoro parasubordinato. 

Ma dopo la sentenza del Consiglio di Stato cosa è rimasto valido delle delibera della commissione equo compenso per i giornalisti del  19/06/2014 ?

Un documento  al proposito potrebbe forse avvalersi delle considerazioni del Consiglio di Stato  e di quanto fosse rimasto valido di questa delibera

Sembra ragionevole dunque che il gioco dell’oca porti al disposto dell’art.9 della legge 1 del 2012, ma arricchito dalle vicende susseguenti, ovvero dalla Sentenza del Consiglio di Stato , da quanto è rimasto vivo della delibera della “Commissione equo compenso” dopo la Sentenza del Consiglio di Stato, dalle decisioni assunte nelle more dalla Cassazione, come riportato peraltro da Franco Abruzzo nel suo Notiziario, ed ovviamente dalle iniziative che sono in corso, come per esempio quella di Articolo 21 e del ricorso al TAR del Lazio della Assostampa Siciliana e dell’Associazione Stampa Romana ed altro ancora come dalle recenti mozioni approvate al proposito dal XXVIII Congresso della FNSI.

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