Cinquant’anni fa, da un primordiale social media, la fine del monopolio RAI.

Un evento (vedi Comunicato Stampa FIR-CB), che celebra il cinquantesimo della fondazione di un’organizzazione, oggi di volontariato di Protezione Civile, ricorda con una pubblicazione le vicende che hanno portato subito dopo la sua fondazione alla fine del monopolio della RAI con la Sentenza della Corte Costituzionale n.225/1974 e al riconoscimento del diritto dell’uso della radio come mezzo individuale di espressione e comunicazione con la Sentenza n.1/1976 della Suprema Corte e poi alla Direttiva Europea 20/2002/CE che ha portato definitivamente al libero uso della radio come mezzo individuale di espressione e comunicazione in Europa ed in Italia, dopo l’intermezzo del Codice delle Comunicazioni del 2003, alla definitiva applicazione della Direttiva con il DL Semplificazioni nel luglio 2020.

Come presidente onorario oggi di questa organizzazione, che ho presieduto fino al 2010, ho scritto questo libro, che si può scaricare gratuitamente da www.fircb.org in versione digitale, od acquistare in versione cartacea da Amazon.

In questo libro si sottolinea, come pochi anni dopo la legge istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti, la legge 69 del 1963, queste iniziative ebbero origine da un dibattito sul diritto di ogni uomo di usare ogni mezzo di comunicazione nell’ambito tanto del Circolo della Stampa di Milano, presieduto allora dall’avvocato Giovanni Bovio, allora direttore di “Tribuna Stampa”, quanto della Sezione Italiana della Lega Internazionale per i Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite, presieduta da Riccardo Bauer.

Si noti che la Sentenza della Corte Costituzionale 11/1968 ha ritenuto costituzionale la legge istitutiva n.69/1963 proprio per le sue previsioni specifiche per l’iscrizione all’Elenco giornalisti pubblicisti dell’Albo giornalisti.

La legge istitutiva del 1963 infatti aveva garantito la possibilità per ogni cittadino di pubblicare con continuità e regolare retribuzione articoli per due anni.

Solo dopo questo termine, qualora un cittadino avesse continuato a pubblicare scritti, con continuità e regolare retribuzione senza aver richiesto ed ottenuto l’iscrizione all’Elenco pubblicisti, avrebbe potuto essere accusato di esercizio abusivo della professione.

Come precisato da svariate sentenze di Cassazione, per attività professionale giornalistica doveva intendersi un’attività svolta in modo continuativo e regolarmente retribuito.

La legge del 1963 non considerava la radio come un possibile mezzo di espressione di un cittadino.

Non poteva peraltro essere considerata attività professionale un’attività continuata di espressione delle proprie idee, senza alcuna retribuzione.

L’art. 156 del “Nuovo codice postale”, vigente in quegli anni, che sanzionava penalmente l’uso personale della radio come mezzo individuale di espressione e comunicazione, era dunque in palese contrasto con l’art. 21 della Costituzione, che garantiva “il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” e con l’art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, del quale la sezione italiana della Lega per i Diritti dell’Uomo promuoveva il rispetto.

Mutatis mutandis, non è che oggi ci sarebbe da rivedere qualcosa nel quadro normativo dell’informazione dopo 58 anni d’esistenza della legge istitutiva dell’Ordine quando è totalmente cambiato il modo di comunicare? Oggi sempre di più con le nuove tecnologie ogni uomo ha la possibilità di comunicare con tutti gli altri e viceversa, proprio come Guglielmo Marconi aveva previsto per la sola radio nel 1939.

Quante sono le nuove professioni del mondo dell’informazione e comunicazione sempre più usate dai giovani, che non sono oggi nemmeno riconosciute?

Cerca di andare in questa direzione il documento (scaricabile qui), che riguarda la possibilità di uso di fondi del PNRR per uscire dalla crisi dell’editoria e dell’informazione ed agevolare l’accesso dei giovani nel mondo dell’informazione nell’ambito della normativa europea delle professioni.

E’ stato predisposto da un gruppo di lavoro dalla FNGPI ed inviato il 27 settembre scorso al Sottosegretario di Stato, Sen. Giuseppe Moles, a seguito del suo incontro il 22 giugno scorso con una delegazione FNGPI.

Guardare al passato serve per guardare al futuro.

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