Rapporto tra Ministero di Giustizia ed Ordine dei Giornalisti

Sul nascere sembra che una sorta di cordone ombelicale unisse il neonato Ordine al Ministero, allora, di Grazia e Giustizia.

Basti ricordare i seguenti fatti.

La legge istitutiva dell’Ordine, detta anche legge Gonella, è del 3 febbraio 1963. L’on. Guido Gonella fu componente della IV Commissione Giustizia della Camera dal primo luglio 1960 al 15 maggio 1963, quindi la legge istitutiva è nata quando l’on Gonella era ancora membro dell Commissione Giustizia.

L’on Gonella fu il primo Presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti; fu eletto nel 1965 e rimase in questo incarico fino al 1971. L’on. Gonella fu Ministro di Grazia e Giustizia dal 24 giugno 1968 al 12 dicembre 1968, quindi fu per quasi sei mesi tanto Presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, quanto Ministro di Grazia e Giustizia, come risulta dalla  Rassegna dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti” del novembre del 1968, egli era contestualmente a quel tempo Presidente Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e Ministro di Grazia e Giustizia ed in tale veste trasformò il testo della proposta di modifica della legge istitutiva, preparata dalla Commissione dell’Ordine dei Giornalisti, presieduta dal pubblicista e Vice Presidente, Antonio Garbarino, in Disegno di legge. Il Disegno di Legge non fu approvato dal Parlamento.

Il Disegno di legge del novembre del 1968 non avrebbe modificato in sostanza né l’art. 18, nè l’art.24 della legge istitutiva.

La legge istitutiva n.69 del 1963 prevedeva all’art.18 che il CNOG fosse istituito con sede presso il Ministero di Grazia e Giustizia.

La legge istitutiva prevedeva all’art.24 che il Ministro di Grazia e Giustizia esercitassse l’alta vigilanza sui Consigli dell’Ordine, ma limitava il suo potere allo scioglimento di un Consiglio regionale od interregionale, con decreto motivato, sentito il parere del Consiglio Nazionale, in determinate circostanze, per esempio, quando questo Consiglio, richiamato all’osservanza degli obblighi ad esso imposti, persistesse nel violarli. Non vi era nessuna previsione esplicita di possibilità di scioglimento o di commissariamento del Consiglio Nazionale da parte del Ministero vigilante né nella legge istitutiva, né nel Disegno di legge del novembre 1968.

Il Disegno di Legge, presentato dal Ministro di Giustizia, on. Guido Gonella, nel novembre del 1968 e non approvato dal Parlamento, proponeva un ruolo più significativo del Consiglio Nazionale, per esempio una modifica dell’art. 20 della legge istitutiva che avrebbe portato il Consiglio Nazionale, ove per legge un terzo circa degli iscritti all’Albo dei Giornalisti elegge due terzi dei suoi membri, ad essere rappresentativo “unitariamente di tutti gli iscritti agli Albi” dei Giornalisti.

La Dichiarazione Europea dei Diritti dell’Uomo, che fu resa vincolante per i Paesi EU solo dopo il Trattato di Lisbons del 2009, ha previsto, oltre al diritto alla libertà di espressione, il diritto “alla libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche”.

L’Ordine dei Giornalisti è nato come ente di diritto pubblico, vigilato dal Ministro della Giustizia, con una funzione quasi ancillare nei confronti del Ministro.

Come sono mutati in seguito i rapporti Ministro di Giustizia ed Ordine?

Secondo il punto a) dell’art. 20 della legge istitutiva, relativo alle attribuzioni del Consiglio Nazionale (CNOG), quest’ultimo “dà parere, quando ne sia richiesto dal Ministro della giustizia, sui progetti di legge e di regolamento che riguardano la professione di giornalista”;

E’ opportuno uno sguardo a quello che è successo negli ultimi decenni.

Alla fine degli anni 80, dopo che vi era stato un profondo mutamento nel modo di informare e comunicare, dello stesso modo di essere con la fine del monopolio RAI e l’inizio delle comunicazioni digitali, è ragionevole pensare che questo legame con il Ministero dei Giustizia, dato dal punto a) dell’art. 20 della legge istitutiva, fosse stretto e che il CNOG volesse attribuirsi un ruolo ben più sostanziale per modificare una legge superata dai tempi.

Tuttavia la legge istitutiva non può essere modificata né dal CNOG, né dal Ministero vigilante, che deve vigilare che l’Ordine rispetti la legge dello Stato.

La modifica della legge istitutiva spetta al Parlamento.

A prescindere da quel che è avvenuto prima della fine degli anni 80, il CNOG nel 1988 ha proposto di modificare la legge istitutiva usando terminologie fantasiose per mimetizzare la modificazione della legge istitutiva, coniando i cosiddetti “criteri interpretativi”, che furono successivamente ripresi nel 1991 e tendenzialmente trasformati da propositivi in deliberativi, senza che a noi risultino prese di posizione del Ministero vigilante che contestasse come le modificazioni della legge istitutiva, ancorchè chiamate “criteri interpretativi”, non spettassero al CNOG.

E’ noto a tutti quel che avvenne nei primi anni novanta con la fine della Prima Repubblica ed il ruolo che ebbe certa stampa e certa magistratura.

Anche la semplice contestualità fra la eventuale mancata presa di posizione del Ministero vigilante avverso la creazione di scuole che, senza garantire sempre la pratica giornalistica prevista dall’art. 34 della legge istitutiva, consentissero ugualamente l’accesso all’esame di Stato, lascia comunque perplessi.

Seguì nel 1997 il referendum abrogativo dell’Ordine, che non ebbe effetto solo per il mancato raggiungimento della partecipazione richiesta.

Nel 2002 il CNOG si rese conto che occorreva un intervento legislativo per sanare una situazione irregolare.

Inizia la stagione dei proposte di legge che non ebbero successo: una serie di proposte legislative che avrebbero regolarizzato la situazione, non furono approvate dal Parlamento.

Dopo che una serie di proposte di legge non ottennero l’approvazione del Parlamento, si modificò nel 2010 la legge istitutiva grazie all’art 56 del Decreto Legislativo n.56 del 2010.

Il Ministero di Giustizia ebbe un maggior ruolo e forse in qualche modo conflittuale con il suo ruolo di Ministero vigilante.

Questo il testo della legge istitutiva con in blue il ruolo del Ministero di Giustizia dopo le modificazioni prevalentemente dovute all’art 56 del Decreto Legislativo n.56 del 2010.

Il Ministero di Giustizia ebbe un ruolo forse perfino conflittuale con quello di Ministero vigilante: per esempio il ruolo del Ministero di Giustizia previsto dall’art. 20 e 20 bis della legge istitutiva, modificata dall’art 56 del Decreto Legislativo n.56 del 2010, sembrebbe perfino scaricare il CNOG dalla responsabilità della mancata necessaria applicazione dell’art.34 della legge istitutiva nelle scuole.

Questo nuovo ruolo è stato dato al Ministero di Giustizia nel 2010, nonostante l’anno antecedente la Dichiarazione Europea dei Diritti dell’Uomo fosse stata resa vincolante per i Paesi EU, dopo il Trattato di Lisbons del 2009, con il diritto di ogni cittadino “alla libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche”, discutibilmente compatibile con un Ordine, ente di diritto pubblico, ed un Ministero di Giustizia vigilante, arricchito di nuovi ruoli.

I “criteri interpretativi dell’art. 34″ della legge istitutiva ciascuno li può leggere anche sul sito dell’Ordine: quelli del 1988, del 1991, del 2002 ed infine quelli dei giorni nostri del marzo e del maggio del 2023,

Ai giorni nostri, l’ultima risorsa è stato il tentativo di attribuire al CNOG un potere di autoregolamentazione che comportasse la sua facoltà di modificare la legislazione primaria con il ricongiungimento delle carriere, il foglio rosa ed il tutor per i pubblicisti, con le modalità di accesso all’albo professionisti diverse da quelle previste dall’art.34 della legge istitutive, etc, etc.

Alcune delle ultime deliberazioni del CNOG sono state addirittura dispositive alle strutture territoriali di modi di accesso alla professione senza necessariamente l’attività giornalistica prevista dalla legge istitutiva.

All’iniziale sostanziale silenzio del Ministero vigilante si è andato a sostituire negli ultimi tempi il formale richiamo al CNOG da parte del Ministero vigilante del fatto che non rientri nei suoi poteri modificare la legge istitutiva.

Non risulta tuttavia al momento un intervento fattuale del Ministero vigilante per imperdire a livello territoriale l’eventuale accesso alla professione in modi diversi da quelli previsi dalla legge e, d’altro canto, per assicurare l’accesso alla professione nei modi previsti dalla legge.

Il CNOG è un organo, che pur non rappresentando, per la mancata approvazione del Disegno di Legge del novembre del 1968, “unitariamente tutti i giornalisti iscritti all’Albo”, ha certamente peso e rilevanza; ha elaborato, al di là dell’attribuzione del punto a) dell’art. 20 della legge istitutiva, una proposta di modifica della legge , non tenendo conto della necessità di adeguarsi oggi alla normativa europea; ha presentato questa proposta alla Camera ed al Senato; non sembra tuttavia oggi che questa proposta sia inserita nell’iter parlamentare.

Senza fare ulteriore riferimento a quella proposta, il CNOG nella seduta del 12 dicembre 2023 ha approvato all’unanimità una mozione sulla riforma del sistema elettorale del Consiglio nazionale e dei Consigli regionali dell’Ordine dei giornalisti, che “democraticamente”, senza dare parità di diritti e doveri agli iscritti all’Albo dei giornalisti che pagano la stessa quota annua, consentirebbe a circa 75000 giornalisti pubblicisti di eleggere solo 21 dei 61 membri del CNOG ed ai circa 35000 giornalisti professionisti di eleggerne ben 40.

Un emendamento al “milleproroghe” sposterebbe di sei mesi le elezioni dell’Ordine.

C’è da augurarsi che non avvenga quanto è avvenuto durante le ultime elezioni che hanno avuto luogo oltre il termine previsti dalla legge senza un intervento ostativo del Ministero vigilane (1,2).

La FNGPI propone da tempo l’adeguamento della legge che regola in Italia l’informazione e la comunicazione alla normativa europea, con il passggio graduale ad un’Autorità competente, costituita nei modi previsti dall’Unione Europea.

L’adeguamento alla normativa europea comporterebbe finalmente il rispetto dell’art. 11 della Dichiarazione Europea dei Diritti dell’Uomo, vincolante per i Paesi EU, dopo il Trattato di Lisbona del 2009, che prevede espressamente per tutti i cittadini EU, oltre al diritto alla libertà di espressione, anche il diritto “alla libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche.

Enrico Campagnoli