Milano, 21 luglio 2023 – Il Consiglio Direttivo della Federazione Italiana Giornalisti Pubblicisti Italiani (FNGPI),
CONSIDERATO CHE
la proposta di riforma della legge 69/63 approvata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine il 18 luglio 2023 è apparsa alla scrivente organizzazione essere non adeguata a regolare un mondo dell’informazione e della comunicazione complesso come quello odierno (clicca qui) e che peraltro è discutibile che possa essere rispettosa delle cogenti norme comunitarie relative tanto alle professioni regolamentate, quanto a quelle non regolamentate, nonché dello stesso art. 21 della Costituzione italiana,
VISTO
– il Piano nazionale di riforma delle professioni, realizzato dal Dipartimento Politiche Europee in collaborazione con le amministrazione pubbliche, l’Isfol e le Regioni, sentiti gli Ordini, i Collegi e le associazioni di categoria, trasmesso alla Commissione europea nel febbraio 2016, realizzato in attuazione dell’articolo 59 della direttiva 2013/55/UE, di modifica della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali,
– la Circolare del Dipartimento per le Politiche Europee 0007767 del 13 agosto 2021 applicativa del Dec. Leg. n.142/2020, attuativo della direttiva EU 2019/958, relativa all’obbligatorietà di un “test di proporzionalità” prima dell’adozione di una nuova regolamentazione delle professioni (GU 30 Ottobre 2020, n.271).
VISTO altresì CHE
– la prevalenza della normativa europea su quella italiana consente di fatto l’unificazione dei due elenchi, professionisti e pubblicisti, dell’Albo giornalisti e che l’esame di Stato in Europa non è obbligatorio e la normativa europea prevale, sull’art. 33 della Costituzione;
– in occasione dei referendum del 1997, la consultazione referendaria del 15 giugno 1997 sull’’abolizione dell’ordine professionale si chiuse senza esito per il mancato raggiungimento del quorum.
– una serie di irregolarità, che si trascinano da anni, debbono essere sanate: partecipazione all’esame senza avere effettuato la pratica giornalistica prevista dall’art. 34 e 35 della legge istitutiva; non avere come professionista esercitato esclusivamente la professione giornalistica; la mancata PEC; il ricongiungimento delle carriere, etc…,etc…, (Vedi a titolo esemplificativo 1,2,3,4,5,6);
– non risultano essere presenti altri Ordini dei Giornalisti nei Paesi EU;
– nell’unico Albo dei giornalisti vi è l’elenco dei giornalisti professionisti (35.000 circa) e quello dei giornalisti pubblicisti (circa 70.000), che a parità di quota contributiva, ma non hanno proporzionalità nella rappresentanza
PROPONE che,
se abrogata la legge istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti, n.69 del 1963,
il Parlamento regoli in Italia
1 – l’informazione e la comunicazione nei modi previsti dalla direttiva 2005/36/EU e dal Decreto Legislativo 206 del 2007 attuativo di detta direttiva. La legge n. 4 del 2013 consente a tutti gli attuali giornalisti d’essere professionisti in base alla normativa europea. Norme transitorie possono, sanate le irregolarità, non solo consentire in tempi tecnici a tutti gli attuali giornalisti di aderire ad associazioni professionali previste dalla legge n. 4 del 2013, ma tutti gli operatori dell’informazione e della comunicazione possono costituirsi in associazioni professionali, che aggregate secondo l’art 3 della legge n. 4 del 2013, possono far capo ad un’Autorità indipendente dell’informazione, alla quale potrebbero essere trasferite tutte le proprietà, gli introiti ed i dipendenti oggi dell’Ordine, tanto a livello nazionale, quanto a livello territoriale.
2 – istituisca un’Autorità indipendente dell’informazione, come previsto dalla direttiva 2005/36/EU, dal Decreto Legislativo 206 del 2007 attuativo di detta direttiva e dalla stessa la legge n. 4 del 2013, che vigili sull’informazione e la comunicazione.
NOTA
La FNGPI ha portato queste idee all’attenzione dei Sottosegretari del DIPE a partire dal 2018 (allegato A) e sono contenute con un certo dettaglio già nei tre contributi registrati agli Stati Generali dell’Informazione nel 2019 (allegati B1, B2 e B3); sono intese a far valutare dal Parlamento l’opportunità di inquadrare la normativa italiana nell’ambito della normativa europea l’informazione e della comunicazione, favorendo la libera circolazione in Europa ed un’omogenea formazione professionale.
Se il settore dell’informazione uscisse da un quadro normativo superato e disatteso, potrebbe persino essere un fattore trainante la crescita e lo sviluppo economico e sociale.